“How to conjure the spirit of Lucy in three steps, via telephone”: analisi di Fabio Machiavelli

How to conjure the spirit of Lucy in three steps, via telephone di Alessandro Perini

Analisi di Fabio Machiavelli

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Fabio Machiavelli

1. Note d’introduzione al brano

How to conjure the spirit of Lucy in three steps, via telephone è un brano per due performers ed elettronica realizzato da Alessandro Perini tra il 2020 e il 2021, e scritto per il Duo Dubois. Il titolo della composizione, come dichiarato dall’autore stesso, è un rimando diretto al dittico operistico di Gian Carlo Menotti, composto dall’opera in atto unico The Telephone, or L’Amour à trois e dall’opera in due atti The Medium. Nella prima delle due la protagonista è Lucy, costantemente impegnata in lunghe ed articolate conversazioni telefoniche, le quali si susseguono senza sosta una dietro l’altra. Ben, secondo personaggio dell’opera, tenta invano svariate volte di ottenere l’attenzione di Lucy, riuscendo infine a farsi ascoltare da quest’ultima soltanto chiamandola tramite una cabina telefonica. 

The Medium narra invece di una finta sensitiva, Madame Flora, che per vivere inscena false sedute spiritiche tramite le quali i clienti riescono apparentemente a parlare con i propri cari defunti. Durante una di queste sedute la finta medium si convince di aver davvero evocato uno spirito, ma non riesce a farsi credere dagli altri personaggi. Al termine dell’opera, durante la sua caccia allo spirito invocato, Madame Flore uccide Toby, un amico della figlia, pensando di aver sparato al fantasma evocato.

Le relazioni tra il dittico di Menotti e il brano di Perini risultano quindi evidenti nelle parole dello stesso compositore:

By listening to this piece you will attend a séance session where the two performers will try to conjure and communicate with the spirit of Lucy. Lucy is best known as the protagonist of one of the most famous one-act operas by Gian Carlo Menotti, “The Telephone”, which was originally presented in a diptych with another similar work by Menotti, “The Medium”. The séance session makes use of specially built ritual drums as well as ubiquitous sound sources in order to invite the spirit of Lucy to a live chat with the musicians on stage.”

2. Descrizione dell’organico utilizzato 

Il brano prevede la presenza di elettronica in forma di diversi tapes, e di due performer. Tutti gli strumenti sono amplificati mediante due microfoni a condensatore, uno per ciascun esecutore, e vengono diffusi tramite almeno due loudspeakers, che funzionano da punto di sintesi tra tapes e strumenti acustici.

2.1 Performer I: organico

Il performer I (così indicato in partitura) utilizza un sassofono contralto preparato e uno speaker. Per il sassofono è prevista la sostituzione del collo con una struttura realizzata tramite stampante 3D la cui funzione è quella di ospitare un mini-speaker, il quale è dunque installato nel foro superiore del corpo dello strumento, e per il quale lo strumento stesso funziona da mezzo di risonanza e filtraggio. La campana dello strumento è preparata con il lattice di un palloncino ritagliato e fissato intorno alla circonferenza della stessa; il lattice deve essere assicurato in modo da garantire tensione sufficiente al fine di realizzare una sorta di piccolo tamburo.

Lo speaker esterno al sassofono è invece costituito da un cono da 5” circa e viene alimentato da un amplificatore specifico che riceve il segnale dal dispositivo adibito alla riproduzione della partitura; questa infatti è costituita da un video sincronizzato con alcuni file audio, che, nel caso del perfomer I, sono due e vengono reindirizzati rispettivamente allo speaker esterno e al mini-speaker interno al sassofono.

Gli strumenti utilizzati dal perfomer I vengono amplificati da un singolo microfono a condensatore. L’esecutore è chiamato ad utilizzare il sassofono talvolta con una tecnica parzialmente ordinaria, per esempio eseguendo delle diteggiature specifiche, talaltra agendo direttamente sul lattice con cui è preparata la campana; sia nel caso dell’utilizzo del sassofono, sia nel caso dell’utilizzo dello speaker, è necessario muovere gli strumenti nello spazio, secondo indicazioni presenti in partitura, al fine di ottenere variazioni nel timbro dipendenti dalle diverse posizioni che essi assumono rispetto al microfono; a tal proposito, l’esecutore è inoltre chiamato a posizionare lo strumento in modo tale da avvicinare al microfono il foro dal quale fuoriesce maggiormente il suono riprodotto dal mini-speaker. Lo speaker esterno, nell’ultima parte del brano, viene premuto contro la guancia, in modo da far sì che la cavità orale funzioni da filtro per il tape riprodotto. 

2.2 Performer II: organico

Il performer II utilizza una campana tibetana preparata, una kalimba, una porzione di carta sabbiata e uno speaker. La campana tibetana, la cui fondamentale dovrebbe essere un do, viene preparata in maniera analoga alla campana del sassofono; viene utilizzato il lattice di un palloncino ritagliato per costruire una sorta di piccolo tamburo, di cui la campana costituisce il fusto e il lattice la membrana. Lo strumento preparato in questo modo viene adoperato con le stesse tecniche utilizzate per la campana del sassofono; le tecniche strumentali specifiche saranno comunque meglio indagate nel capitolo relativo. 

La carta sabbiata deve essere vincolata ad un supporto stabile, e viene utilizzata strofinandone la superficie con una spazzola in metallo dura. 

La Kalimba, che deve poter eseguire le note la e do, non presenta elementi di preparazione e viene utilizzata in maniera ordinaria. 

Lo speaker, esattamente come per il perfomer I, è costituito da un cono da 5”, e viene alimentato da un amplificatore specifico che riceve il segnale audio direttamente dalla scheda audio. L’utilizzo che l’esecutore ne deve fare è analogo a quello descritto per il perfomer I. 

2.3 Scheda Tecnica

La scheda tecnica prevede l’utilizzo di un computer principale, che tramite una scheda audio distribuisce un tape direttamente ai loudspeakers sul palco e un tape specifico per lo speaker utilizzato dal perfomer II. Il monitor del computer viene anche utilizzato dal perfomer II per visualizzare una video-partitura, sincronizzata con i tapes. Il perfomer I può utilizzare un dispositivo esterno, come ad esempio un tablet, oppure un secondo monitor pilotato dal computer principale, per la visualizzazione della video-partitura; il dispositivo utilizzato in tal senso utilizzerà anche l’uscita mini-jack per distribuire un file audio stereo, i cui due canali saranno distribuiti, mediante l’apposito amplificatore, al mini-speaker interno al sassofono e allo speaker utilizzato dal Perfomer I; in questo caso i due performers dovranno sincronizzare la partenza del video-score. Un mixer riceve il tape e il segnale dai due microfoni, reindirizzando il tutto ad almeno due loudspeakers posizionati sul palco, vicino agli esecutori. 

3. Descrizione delle tecniche esecutive utilizzate 

L’utilizzo di preparazione per il sassofono contralto e la campana tibetana e l’utilizzo degli speaker come generatori sonori modulabili (non solo mediante la realizzazione del tape o il controllo della fonte sonora, ma anche mediante manipolazione diretta dell’esecutore sull’oggetto), rendono necessaria l’elaborazione di tecniche esecutive specifiche che tengano conto delle possibilità e dei limiti degli strumenti utilizzati. 

3.1 Strumenti preparati con lattice (Perfomer I e II)

Per quanto riguarda la campana preparata del sassofono, e la campana tibetana preparata, i due oggetti vengono entrambi trasformati in due piccoli tamburi dotati di una membrana particolarmente elastica; questa condivisione strutturale permette l’elaborazione di una tecnica strumentale condivisa, efficace tanto sull’uno quanto sull’altro strumento. 

La superficie in lattice di entrambi gli strumenti viene suddivisa in tre zone d’esecuzione, coincidenti con le posizioni ordinarie dei membranofoni a percussione: centro, ordinario (solitamente a metà della lunghezza del raggio), e bordo. Le posizioni vengono segnate in partitura mediante indicazione esplicita. 

L’azione percussiva delle dita sulla pelle in lattice viene notata tanto nell’azione di percussione vera e propria (il momento in cui la pelle viene toccata), tanto nell’azione di rilascio, in quanto quest’ultima produce anch’essa suono. Il lattice infatti reagisce alle azioni percussive, ma anche a quelle di sfregamento e di rilascio dello stesso. Delle frecce permettono di capire l’alternanza dei due gesti (percussione/contatto e rilascio), e la durata del momento di contatto tra polpastrello e lattice, la quale deve corrispondere al valore delle note segnate con la freccia verso il basso. L’incremento di pressione del polpastrello contro il lattice viene indicato con una linea che si apre in una sorta di forcella; questo permette la realizzazione di variazioni di frequenza percepita dei gesti eseguiti sulla pelle con l’altra mano. Le azioni corrispondenti alle due mani sono notate su due distinte linee.

L’azione di sfregare sulla pelle con il polpastrello è indicata da una nota con testa piatta. L’azione può essere effettuata sia in senso circolare, sia “disegnando” una retta. Talvolta lo sfregamento muta gradualmente e termina con un colpo  singolo.  

Se la testa di nota piatta è direzionata verso l’alto, l’esecutore deve rilasciare la pelle appena il suono viene prodotto; questo permette inoltre l’esecuzione del gesto in forma rapida e ad libitum. 

Le ultime due tecniche esecutive richieste per gli strumenti preparati con lattice sono l’esecuzione di un tremolo (mediante vibrazione della mano) in concomitanza del suono di sfregamento, indicato con una freccia con corpo ondulato, e l’azione di pizzicare il lattice, indicata con note con testa a cuneo.  

3.2 Lo speaker da 5” (Perfomer I e II)

Come descritto nel capitolo precedente, entrambi gli esecutori sono dotati di uno speaker da 5”, i quali vengono azionati dai rispettivi amplificatori e ri-amplificati per mezzo della microfonazione.

I due coni riproducono dei tapes sincronizzati con le video-partiture degli esecutori, e vengono da questi ultimi manipolati al fine di modulare il suono riprodotto. 

Le tecniche performative elaborate per gli speaker sono due; la prima consiste nell’allontanare e nell’avvicinare lo speaker al microfono, in modo da realizzare un’effetto di crescendo/decrescendo, in base al movimento, e viene notata su un sistema basato su due linee. La linea inferiore indica una posizione dello speaker sufficientemente lontana dal microfono affinché questo non sia in grado di amplificare per niente l’eventuale suono riprodotto; la linea superiore indica invece una posizione di estrema prossimità dello speaker alla capsula microfonica, in modo che l’amplificazione sia massima e restituisca una dinamica forte. Sebbene la tecnica venga descritta in legenda in termini di dinamica restituita, è noto che la variazione delle coordinate spaziali dello speaker rispetto al microfono non si traducono soltanto in variazioni di dinamica, ma più in generale in variazioni del timbro complessivo, ad esempio restituendo un effetto di più o meno marcata prossimità, o di lontananza.  

La seconda tecnica performativa elaborata per gli speaker prevede l’utilizzo della cavità orale come mezzo di risonanza e filtraggio del tape. Il performer deve premere con molta pressione lo speaker contro la guancia, e deve compiere con le labbra e con la cavità orale i movimenti che si compierebbero naturalmente per pronunciare le parole e le frasi segnate in partitura, ma senza pronunciare effettivamente alcunché, dunque senza produrre suono. Al termine di ogni parola e frase l’esecutore deve “congelare” la posizione corrispondente all’ultimo fonema pronunciato. Talvolta le frasi seguono un ritmo preciso, talaltra vi è una durata complessiva all’interno della quale leggere liberamente il testo. 

3.3 Il sassofono preparato con mini-speaker (Performer I) 

Mentre il mini-speaker inserito nel foro superiore del corpo del sassofono riproduce autonomamente il tape associato, l’esecutore agisce sullo strumento compiendo due tipi di gesti: diteggiature ordinarie, e spostamenti nello spazio dello strumento. 

Per quanto riguarda le diteggiature, esse vengono eseguite in senso ordinario dal performer; esse interagiscono col tape modulandone il suono. In questo modo dunque lo strumento funziona sia come mezzo di risonanza del tape, sia come filtro attivo e variabile. Si aggiunge al suono del tape filtrato dallo strumento, il suono dei key clicks, generalmente indicato in partitura con forte.

La seconda tecnica utilizzata, ovvero lo spostamento del sassofono nello spazio, permette di variare le coordinate spaziali dello stesso rispetto al microfono; questo gesto, da eseguire congiuntamente a un gesto continuo di apertura e chiusura dei fori, questa volta limitando il più possibile la dinamica dei key clicks, agisce in maniera analoga a quanto visto per lo spostamento del cono nel paragrafo 3.2. In questo caso in partitura non sono segnati spostamenti da molto lontano a molto vicino al microfono, ma soltanto un “movimento fluido” che realizzi una variazione del timbro risultante. Il sassofono deve anche essere spostato al fine di esporre i fori dai quali fuoriesce il suono al microfono. 

3.4 Altre tecniche esecutive utilizzate

Ulteriori tecniche esecutive riguardano l’utilizzo di una spazzola e di una spugna di metallo sul foglio di carta sabbiata, mediante l’applicazione di varie tecniche. 

Dunque, la carta sabbiata viene sfregata con un singolo gesto dalla spugna, mentre la spazzola di metallo compie o uno sfregamento circolare sulla stessa, o un singolo gesto di rapido incremento e diminuzione della pressione, al fine di ottenere un singolo suono il più staccato possibile, oppure un gesto continuo di variazione della pressione che produce un suono continuo.

 

3.5 Riflessione sulla variabilità interna delle tecniche elaborate

È possibile, talvolta, che l’elaborazione di tecniche specifiche, generate dalla necessità di rispondere ad esigenze o possibilità conseguenti la preparazione degli strumenti, abbia come effetto collaterale la realizzazione di gesti così specifici che hanno un margine di variabilità da moderatamente a piuttosto ristretto. Questo ovviamene dipende di volta in volta in maniera specifica dagli strumenti utilizzati e dalle tecniche richieste. 

Per fare un paragone tra estremi opposti, dove gli estremi sono costituiti da una parte dalla realizzazione di una frequenza specifica, quindi una nota, per mezzo di uno strumento ordinario, e dall’altra la realizzazione di un suono estremamente specifico, i cui parametri sono strettamente determinati dalla scrittura, la cui efficacia e riuscita dipende dall’attenzione dell’esecutore per il dettagli richiesto dal compositore, è possibile, ma non necessario, che tanto più ci si sposti verso questo ultimo estremo, tanto più il margine di variabilità di questa stessa tecnica sia estremamente ridotto.

La variabilità di una tecnica specifica tuttavia non dipende necessariamente dalla libertà in termini di possibilità di realizzazione di quest’ultima, ma anche dalla possibilità di variarne i parametri pure all’interno della scrittura stessa; dunque una variabilità non necessariamente dipendente da possibilità interpretative, ma anche dalla possibilità di manipolazione delle tecniche stesse in fase di scrittura.

Dunque, è possibile indagare in quest’ottica le tecniche realizzate da Perini per questo brano, cercando di individuare i margini di variabilità utilizzati (i quali non è detto coincidano con i margini di variabilità potenziali).

A questo scopo si è deciso di prendere in analisi due tecniche differenti: l’esecuzione dei colpi percussivi sugli strumenti preparati con lattice; l’avvicinamento e l’allontanamento dello speaker da 5” dal microfono.

I colpi da eseguire sul lattice degli strumenti preparati sono, tra le due sopra citate, la tecnica che presenta probabilmente il più ampio margine di variabilità, sia in termini di variabilità in fase di esecuzione da parte del perfomer, sia in termini di variabilità in termini di modifica dei parametri in fase di scrittura. La tecnica percussiva utilizzata in generale su questi strumenti gode di tutte le possibilità di variazione e manipolazione tipiche di tecniche analoghe applicate a strumenti ordinari (tamburi di varia natura, membranofoni a percussione in generale). Di fatto si possono controllare tutti i parametri specifici che vanno a modulare il suono: intensità del gesto; altezza relativa percepita (mediante la pressione sul lattice); velocità; qualità del tocco (si possono richiedere articolazioni quali staccato, e accento). Inoltre, l’esecutore ha il controllo di tutto il processo di produzione del suono e di variazione dei parametri sopra descritti, potendo realizzare con efficacia le variazioni gestuali presenti in partitura. 

Per quanto riguarda l’utilizzo dello speaker da 5”, anche l’atto di spostarlo nello spazio, di variarne le coordinate spaziali rispetto al microfono, presenta un margine di variabilità, che viene sfruttato attivamente dal compositore. In questo caso non è possibile controllare la qualità “del tocco”, oppure l’intensità del suono riprodotto ; tuttavia è possibile modularne ad esempio la velocità, creando gesti più o meno repentini, con rampe dinamiche più o meno accentuate. Infatti in partitura l’autore indica lo spostamento da far compiere al cono proprio realizzando graficamente delle rampe, di cui imitarne il comportamento.

Il confronto tra le due tecniche rende evidenti le differenze in termini di margine di variabilità delle stesse; mentre la prima, che sostanzialmente è il recupero di tecniche “tradizionali” applicate a strumenti “non tradizionali”, presenta un forbice di variabilità piuttosto ampia, che anzi viene proprio sfruttata all’interno del brano, la seconda, più specifica e vincolata al mezzo stesso cui viene applicata, presenta un margine minore, seppur non assente. È importante notare come comunque una tecnica più specifica e più vincolata al mezzo al quale si relaziona non si esaurisce nel manifestarsi senza elementi di variazione, ma anzi enfatizza il minor margine di variabilità che offre, rendendolo elemento caratteristico. Dunque, la riflessione relativa ai margini di variabilità che una tecnica strumentale specifica offre non è finalizzata ad evidenziare un ipotetico primato delle tecniche maggiormente malleabili su quelle meno malleabili, ma anzi a sottolineare come l’efficacia sia eventualmente da ricercarsi anche all’interno dei limiti stessi di una tecnica utilizzata.

4. Gli apparati strumentali e il sistema complessivo come punto di sintesi

Come abbiamo visto nel capitolo precedente, la tecnica strumentale non riguarda solo lo strumento acustico, ma interagisce invece con sistemi più complessi che integrano gli strumenti con la loro preparazione, con la microfonazione e dunque l’amplificazione degli stessi, ma anche con il tape, nel momento in cui gli stessi funzionano da mezzi di risonanza e filtraggio, e ancora con l’elettronica stessa, quando oggetti concepiti per la diffusione sonora vengono trasformati in generatori di suono manipolabili. 

Dunque lo strumento deve essere considerato non più come un mezzo a sé stante, che integra e comprende la generazione del suono, la sua manipolazione e la sua diffusione, ma anzi come parte di un apparato più complesso che riguarda tutto il sistema di produzione del suono, dalla fonte, a tutti i livelli intermedi, tanto quelli costituiti da oggetti e/o strumenti acustici, quanto quelli basati su componenti elettroniche in qualsiasi declinazione, fino alla diffusione finale del suono. 

Nel caso specifico di How to conjure the spirit of Lucy in three steps, via telephone è possibile identificare due apparati strumentali separati, o volendo due strutture riconoscibili all’interno di un apparato più complesso, coincidenti con  l’insieme dei materiali e i set-up utilizzati dai due esecutori, e il sistema/apparato complessivo che integra il tutto e termina con la diffusione del suono. 

4.1 Perfomer I: rapporto col proprio apparato strumentale

Per quanto riguarda il perfomer I, come abbiamo visto, i materiali su cui agisce sono il sassofono preparato e lo speaker da 5”. 

Da questo punto di vista il sassofono svolge una duplice funzione: punto di partenza nel processo di genesi sonora, e parte intermedia di un’altra catena di produzione sonora. Quando il sassofono viene suonato mediante azione sul lattice, esso si costituisce come il primo elemento di produzione sonora del sistema strumento – microfonazione – diffusione; nel caso specifico dunque abbiamo un’azione strumentale che genera un suono di natura acustica, la sua microfonazione e quindi amplificazione, e la sua diffusione tramite i loudspeakers. In questo senso il processo di produzione sonora ricalca uno schema ordinario che vede nell’amplificazione l’esaltazione ossia l’estensione delle capacità strumentali strettamente acustiche. Nel momento in cui il sassofono viene invece utilizzato come mezzo di risonanza e filtraggio, esso non ha più il ruolo di oggetto primario di produzione sonora, ma interviene in una catena più complessa costituito dal sistema speaker/tape – sassofono – microfonazione – diffusione; dunque il sassofono si inserisce come mezzo di filtraggio acustico tra due elementi di natura elettronica: il tape e la microfonazione dello strumento. Assistiamo quindi ad un’inversione di quelli che potrebbero essere considerati “ruoli tipici”: il ruolo di “fonte sonora acustica” è sostituito dalla fonte sonora digitale costituita dal tape riprodotto per mezzo del mini speaker, e il ruolo di mezzo di filtraggio elettronico (come si potrebbe fare ad esempio mediante l’utilizzo di live electronics) è sostituito dal filtraggio meccanico dello strumento acustico. Dunque il risultato dell’interazione elettronica/strumento musicale viene microfonato e quindi amplificato e ricondotto ad un dominio elettronico mediante la diffusione tramite i loudspeakers principali. 

Il secondo sistema utilizzato dal perfomer I è invece costituito dallo speaker da 5”, la sua microfonazione e la diffusione finale. Anche in questo caso una componente non elettronica interviene nella manipolazione della fonte sonora elettronica: l’azione del perfomer sul cono. Questo secondo sistema da un certo punto di vista estende le capacità di modulazione sonora del sistema di microfonazione, in quanto vede nell’interazione tra lo speaker e il microfono stesso il mezzo di manipolazione sonora: l’azione umana di movimento dello speaker rispetto al microfono costituisce il “filtro” di questo sistema. In realtà questo avveniva già in precedenza con il sassofono, il quale infatti deve essere mosso rispetto al microfono al fine di ottenere delle variazioni timbriche del suono riprodotto dal mini-speaker e filtrato (vedi figura 11). 

Sempre lo speaker realizza un terzo sistema, o se vogliamo una variante del secondo, nel momento in cui il suo suono viene filtrato dalla cavità orale del perfomer. Dunque, il sistema generico può essere visto come speaker – perfomer – microfonazione – diffusione, dove il perfomer si declina prima nello spostamento manuale dello speaker, e dopo nel filtraggio del tape mediante la cavità orale. Quando il sistema si realizza in questa sua seconda configurazione, le osservazioni fatte per il sistema mini-speaker/tape – sassofono – microfonazione – diffusione diventano altrettanto valide; la cavità orale infatti subentra al sassofono sia nel suo ruolo di mezzo acustico di risonanza, sia nel suo ruolo di strumento acustico di filtraggio.

4.2 Perfomer II: rapporto col proprio apparato strumentale

Il primo degli apparati strumentali che il perfomer II utilizza si costituisce nel sistema set multipercussione – microfonazione – diffusione. Questo sistema ricalca quello rappresentato dal sassofono quando utilizzato come strumento a percussione, e sono valide dunque le osservazioni precedenti. Gli strumenti acustici funzionano da mezzi di produzione primaria dei suoni, da generatori di suoni, e mediante l’amplificazione ne vengono esaltate e quindi estese alcune qualità. 

Il secondo apparato è invece quello costituito dal sistema speaker 5” – perfomer – microfonazione – diffusione. Essendo costituito ed utilizzato con gli stessi criteri e le stesse tecniche viste per il perfomer I, le osservazioni sono le medesime del paragrafo precedente. 

4.3 Il sistema/apparato complessivo del brano

I sistemi appena descritti, e i tapes che vengono riprodotti senza passare da sistemi di manipolazione acustica, trovano il loro punto di sintesi nel mix diffuso dai loudspeakers principali. Dunque l’insieme dei materiali presenti costituisce un apparato complesso e ramificato, che non segue una sola linea di produzione sonora, ma molteplici, le quali confluiscono insieme, tramite il mixer, al mezzo di diffusione ultimo. 

L’identificazione dei vari apparati strumentali, o apparati di produzione sonora, non è importante soltanto in termini di descrizione del set-up del brano in quanto tale, ma è importante soprattutto perché internamente contiene i mezzi stessi di manipolazione e produzione sonora che costituiscono poi il brano. Questo è vero già soltanto per le situazioni in cui un mezzo acustico viene amplificato, senza l’interposizione di processamenti elettronici del suono, o manipolazioni di qualsiasi tipo; ma ancora più è vero quando all’interno dei quei sistemi gli elementi stessi che li costituiscono diventano mezzi di manipolazione attiva e controllabile del suono. Questo avviene per esempio nell’interazione tra gli speaker da 5” e i microfoni, in cui le capacità del sistema di microfonazione vengono ulteriormente estese mediante la tecnica esecutiva; oppure nell’interazione tra mini-speaker, sassofono e microfonazione, oppure ancora nell’interazione tra speaker da 5”, cavità orale umana e microfonazione. 

Tutti i livelli d’articolazione dell’apparato strumentale diventano quindi luogo per una possibile manipolazione del suono, sia che essa avvenga elettronicamente, sia che essa avvenga tramite azione umana, estendendo dunque le capacità strumentali, ma anche le capacità dei sistemi di amplificazione e riproduzione del suono. 

La tabella realizzata rappresenta il sistema complessivo di realizzazione del brano, con evidenziati gli step sui quali l’autore agisce nella realizzazione del suono del brano.

Perfomer I
Apparatotapemini-speakersassofonomicrofonazionediffusione
Metodo di interventoproduzione del tapefiltraggio mediante differenti diteggiature; spostamento dello strumento rispetto al microfonoamplificazioneLuogo di sintesi del brano
Apparatosassofono preparato con latticemicrofonazionediffusione
Metodo di interventoazione strumentale amplificazioneLuogo di sintesi del brano
Perfomer II
Apparatotapespeaker da 5”perfomermicrofonazionediffusione
Metodo di interventoproduzione del tapefiltraggio mediante la cavità orale; spostamento del cono rispetto al microfonoamplificazioneLuogo di sintesi del brano
Apparatoset di strumentimicrofonazionediffusione
Metodo di interventoazione strumentale amplificazioneLuogo di sintesi del brano

5. Il ruolo dell’esecutore

Con l’utilizzo di mezzi specifici strettamente relazionati all’opera, se non realizzati specificatamente per essa, siano essi strumenti preparati, apparati strumentali complessi, oppure tecniche specifiche che mano a mano si allontanano sempre di più dalla tecnica ordinaria, la prospettiva sul ruolo dell’esecutore muta, tanto nel rapporto tra l’esecutore e il mezzo, quanto nel rapporto tra l’esecutore e la performance stessa.

Solitamente si è abituati a pensare, giustamente, all’esecutore come esperto del proprio strumento. L’esecutore è, oltre che interprete del brano, profondo conoscitore del proprio mezzo, del quale padroneggia tecniche esecutive e del quale probabilmente conosce bene gli aspetti strutturali. Questo resta certamente valido per utilizzi di derivazione ordinaria degli strumenti già esistenti e diffusi, e talvolta anche per strumenti preparati le cui modifiche non interagiscono direttamente con la tecnica strumentale. Tuttavia, mano a mano che il mezzo richiesto dall’autore si allontana dallo strumento ordinario, l’esecutore potrebbe parzialmente perdere il suo ruolo di esperto assoluto. 

Nel caso specifico di How to conjure the spirit of Lucy in three steps, via telephone assistiamo a diversi gradi di mutazione del rapporto tra interprete e mezzo, dipendenti dai vari metodi di preparazione e le varie tecniche esecutive richieste. 

5.1 Perfomer I: mutamento del ruolo dell’esecutore

Per quanto riguarda l’utilizzo del sassofono, è possibile fare un distinguo tra i gesti ereditati dalla tecnica strumentale ordinaria, e i gesti non ereditati dalla tecnica strumentale ordinaria. 

L’utilizzo del sassofono come strumento a percussione, mediante l’azione diretta dell’esecutore sul lattice, ad esempio, non eredita niente dal bagaglio tecnico ordinario dello strumento. Il mezzo viene modificato e si trasforma; la trasformazione permette la realizzazione di tecniche prima impossibili, e dunque un tipo di produzione sonora rispetto al quale l’interprete non è più uno specialista a priori. In questo caso il rapporto tra mezzo ed esecutore muta nella relazione tra strumento e background strumentale: il mezzo generatore di suono è sempre il sassofono, seppure preparato, ma i metodi di produzione del suono non hanno niente a che vedere con la figura del sassofonista, anzi, parrebbero essere quelli tipicamente associati alla figura del percussionista. Dunque una preparazione ed un utilizzo di questo tipo rendono il mezzo utilizzabile non più necessariamente da un sassofonista, ma da un qualsiasi perfomer dotato del background musicale specifico che gli permetta di comprendere, imparare e realizzare le tecniche esecutive richieste dal compositore. 

L’utilizzo del sassofono come corpo filtrante presenta invece, rispetto alla considerazione precedente, un riavvicinamento al mezzo sassofono inteso in senso più ordinario; è vero che il metodo di produzione sonora non è più lo stesso della tradizione, ovvero l’esecutore non deve produrre esso stesso del suono mediante insufflazione, ruolo adesso affidato al mini-speaker innestato nel foro superiore del corpo dello strumento, tuttavia l’utilizzo di diteggiature specifiche sullo strumento presume il possesso di un background strumentale specifico, che le tecniche precedenti non richiedevano. È inoltre possibile interrogarsi su quale sia, e se ci sia, un eventuale limite all’apprendimento della tecnica strumentale specifica che il brano richiede; ad esempio, è possibile imparare le diteggiature richieste, allo stesso modo in cui si potrebbe apprendere l’utilizzo di uno strumento preparato la cui tecnica esecutiva non è più quella ordinaria, ma totalmente reinventata? Dunque, in questo senso, è possibile affidare la parte di sassofono preparato ad un perfomer non sassofonista? 

La domanda rimane aperta in quanto alcuni parametri risultano essere difficilmente valutabili, soprattutto perché non misurabili e dotati di un margine di variabilità troppo alto; ad esempio, se anche l’utilizzo generale dello strumento trascende completamente il background strumentale specifico dello stesso, è possibile (ma non certo) che l’esecutore esperto in tal senso sia comunque in possesso di un certo agio strumentale, e di un certo grado di praticità manuale che potrebbe semplificare parte delle azioni strumentali richieste. Allo stesso modo è possibile che un approccio allo strumento da parte di un performer privo di quello stesso background risulti in qualche modo maggiormente predisposto, anche a livello meccanico, alla manipolazione del mezzo in modo non convenzionale. 

Per quanto riguarda l’utilizzo dello speaker da 5” invece le considerazioni sul background strumentale si risolvono nel fatto che il mezzo stesso non ha un background istituzionale di riferimento, ovvero qualsiasi utilizzo se ne faccia, allo stato attuale, è un utilizzo che una volta ideato deve comunque essere appreso dall’esecutore, indipendentemente dal grado di complessità del gesto, o dell’interazione del gesto con l’apparato strumentale complessivo. Ulteriori riflessioni in tal senso seguiranno il paragrafo relativo al perfomer II. 

5.2 Perfomer II: mutamento del ruolo dell’esecutore

Per quanto riguarda il perfomer II, l’utilizzo delle varie percussioni non presenta particolari discostamenti o allontanamenti da ciò che può essere considerato “tecnica ordinaria” per la figura del percussionista. È altresì vero che la figura del percussionista è facilmente assimilabile a quella di un perfomer che apprende in maniera mirata i metodi di utilizzo dei mezzi specifici di un determinato brano, spesso indipendentemente dal fatto che questi siano effettivamente strumenti a percussione o meno. In generale, il percussionista già di per sé non si porta dietro un background strumentale fortemente radicato nella tradizione classico-romantica, fatta eccezione per gli strumenti e il repertorio orchestrale. In altre parole, se per il caso specifico del brano di Perini è forse vero che il sassofonista si allontana dal suo strumento più di quanto non faccia il percussionista con i suoi, è anche vero che il percussionista già di per sé rappresenta la figura del perfomer “neutro”, o per meglio dire, “non vincolato ad una prassi storicizzata”. 

Per quanto riguarda l’utilizzo dello speaker da 5” valgono le stesse considerazioni fatte per il perfomer I. 

5.3 Ulteriori considerazioni 

Quindi, per quanto riguarda il background strumentale richiesto agli esecutori di How to conjure the spirit of Lucy in three steps, via telephone, abbiamo già visto che in entrambi i casi esso non corrisponde necessariamente a quello tipicamente associato agli strumenti utilizzati (percussioni e sassofono).

Questo è dovuto alla concomitanza dei fattori precedentemente illustrati: la realizzazione di un apparato strumentale che non coincide più con il solo strumento ordinario; l’elaborazione di tecniche strumentali specifiche per il nuovo apparato, che condividono solo parzialmente le proprie qualità con la tecnica strumentale ordinaria; il richiedere all’esecutore l’apprendimento e l’utilizzo di vari elementi (che siano tecnica strumentale, mezzi fisici, elementi di interazione con l’elettronica) che esulano dal dominio circoscritto di utilizzo dello strumento ordinario. 

Dunque, parlando del background strumentale che si apprende ad esempio nei percorsi istituzionali, anche quando esso comprende lo studio delle cosiddette tecniche estese, è possibile che esso non sia più idoneo alla formazione del tipo di perfomer richiesto per una parte della produzione musicale contemporanea. Quando vengono realizzati brani di questo tipo, infatti, spesso capita che l’esecutore debba reinventarsi, e costruirsi autonomamente i mezzi di apprendimento del brano specifico. È dunque ipotizzabile la necessità di includere maggiormente, all’interno dei percorsi di formazioni degli strumentisti, una pratica che riguardi un approccio allo strumento che esuli dalla prassi ordinaria, e che sia aperta verso nuove forme di utilizzo e concezione dello stesso. 

Una difficoltà che quest’ipotesi presenta è la specificità talvolta esclusiva, talaltra condivisa in un numero limitato di opere, che i brani di questo tipo prevedono. È difficile infatti immaginare un percorso istituzionale che continui a vedere nella figura dell’esecutore/interprete esperto del solo proprio strumento, inoltre con la predilezione specifica di una certa prassi, la soluzione alle esigenze esecutive qui incontrate, e che riguardano comunque un panorama più ampio. 

Una possibile e parziale risposta è già contenuta nella concezione dell’esecutore come performer, come una figura elastica che non risponde più alla rigidità del proprio background specifico, ma che anzi si relazione con una certa agilità a contesti nuovi, o diversi, per i quali sono richieste predisposizione all’apprendimento (per esempio di tecniche elaborate specificatamente per quel brano), e alla concezione dello strumento nella sua forma di apparato-strumentale; dunque un perfomer che non si occupi soltanto del suo strumento ordinario, ma che possa, se necessario, padroneggiare l’utilizzo di tutte le componenti dell’apparato complessivo sul quale gli è richiesto di agire. 

Nel caso specifico di How to conjure the spirit of Lucy in three steps, via telephone, per esempio, vediamo l’autore richiedere per l’esecuzione due perfomer, indicati con dei generici “perfomer I e perfomer II”; indicazioni di questo tipo rivelano dunque come una concezione del perfomer inteso come la figura dotata delle qualità prima descritte sia già parzialmente entrata all’interno di parte dell’immaginario condiviso. 

6. Brevi spunti di analisi formale, e considerazioni finali sul materiale 

Una corretta interpretazione di tipo formale richiede probabilmente un’analisi operata dal compositore stesso, il quale inoltre possiede le informazioni specifiche riguardo a ciò che avviene nei vari tapes, non solo quelli associati al mini speaker e ai coni da 5”, il cui comportamento è in buona parte deducibile dal confronto tra l’ascolto e la partitura, ma anche quelli riprodotti direttamente dai loudspeakers principali.

È senz’altro possibile operare delle analogie tra la descrizione operata dall’autore stesso, e riportata nella prima pagina di quest’analisi, gli elementi narrativi delle opere a cui il titolo rimanda, e il processo dei materiali realizzato all’interno del brano stesso. È inoltre possibile che le considerazioni fatte in tal senso soffrano però di una interpretazione che specula sugli argomenti prima citati, le cui conseguenti osservazioni potrebbero non essere in linea con la reale concezione dell’autore del materiale. 

Procedendo in tal senso, per quanto riguarda la disposizione dei materiali sonori utilizzati, essi si organizzano dando vita a delle “sezioni fluide”; è possibile individuare due macro-sezioni che si riferiscono al rituale di evocazione dello spirito di Lucy tramite l’utilizzo dei “tamburi rituali”, e alla comunicazione o chiamata finale dei due performer, alla quale Lucy partecipa. In tal senso la voce di Lucy è presente nei tapes che accompagnano gli esecutori nell’utilizzo degli speaker premuti contro la guancia; tre differenti versioni dell’area Hello Hello dell’opera The Telephone, or l’Amour à trois, rispettivamente panpottate a destra, a sinistra, e al centro, vengono dunque riprodotte dal tape a velocità ridotta, ognuna ad una differente velocità di riproduzione. La prima macro-sezione va quindi dall’inizio del brano fino a misura 113 (pagina 4 della partitura), quando la percussione della campana tibetana e la kalimba concludono il gesto di sfregamento sulla campana preparata del sassofono; quest’ultimo gesto nello specifico imita l’utilizzo dei vecchi telefoni con quadrante rotativo, il cui caratteristico suono accompagna nel tape l’azione strumentale, dando il via alla fase di transizione che precede l’utilizzo della cavità orale come mezzo filtrante per i tapes riprodotti dai coni da 5”; il primo gesto di questo tipo si realizza a misura 120, e coincide con l’avvenuta transizione dalla prima macro-sezione alla seconda sezione, nonché l’ultima. Dunque, ciò che caratterizza e differenzia queste due macro-sezioni è evidente già da un primo sguardo alla partitura. Nella prima macro-sezione c’è un intenso utilizzo degli apparati strumentali precedentemente descritti, i quali vengono utilizzati con una forte componente ritmica; dunque, idealmente, tutta la macro-sezione potrebbe coincidere, come inoltre ci descrive in parte l’autore, con il rituale di evocazione dello spirito di Lucy, che viene operato mediante l’utilizzo dei “tamburi rituali”. 

Tutta la sezione è pervasa dal ritorno piuttosto continuo di una serie di impulsi generati dai coni da 5”, che ricordano il suono di un’onda quadra; tali gesti sono spesso conseguenti a delle sezioni ritmiche con un certo grado di intensità (da moderata ad alta). Questi stessi gesti rappresentano i tentativi di ascolto e/o comunicazione con lo spirito evocato, una sorta di controllo dell’avvenuta o meno evocazione; i suoni caratteristici ricordano quelli di una telecomunicazione con importanti interferenze. L’utilizzo dei coni da 5” in tal senso coincide con l’ultimissimo gesto presente in partitura, dopo che il testo (non percepibile ma presente in partitura) si è interrogato diverse volte sulla presenza di Lucy. 

La presenza di questo gesto appena descritto, e la presenza di altri gesti analoghi a questo, ad esempio nel sassofono, che talvolta filtra un suono abbastanza simile a quello riprodotto dai coni da 5”, crea un’alternanza tra sonorità che rimandano ad un immaginario prettamente acustico-rituale, e sonorità di carattere fortemente elettronico-digitale. Talvolta vi è un’alternanza diluita tra i due ambienti sonori, mentre talaltra la vicinanza degli elementi crea una specie di dialogo tra azione acustica e risposta elettronica. Ad esempio, da misura 5 a misura 11 vediamo una fortissima prevalenza del dominio acustico su quello elettronico, mentre da misura 12 a misura 19 avviene il contrario. In questo caso gli elementi sembrano suggerire un momento di ritualità (la sezione acustica, denotata da una fortissima componente e caratterizzazione ritmica), e un momento di risposta al rito, di telecomunicazione con interferenze (la sezione con sonorità elettronica). Invece, un momento dialogico si realizza nelle misure dalla 95 alla 104, quando i suoni elettronici filtrati dal sassofono dialogano con i gesti eseguiti dalla spugna e dalla spazzola sulla carta sabbiata. 

Procedendo, il titolo sembra suggerire la presenza di tre sezioni, tre tentativi, o tre diversi momenti tutti e tre necessari per cercare di evocare lo spirito di Lucy; dunque tre sezioni non coincidenti con le due macro-sezioni prima descritte. Come detto in precedenza, le sezioni sembrano essere fluide, prive di una fine ed un inizio preciso, ed inoltre esistono vari criteri utilizzabili per l’individuazione delle stesse, pertanto la suddivisione qui proposta è puramente ipotetica. 

La prima sezione potrebbe essere individuata nelle misure comprese tra la 1 e la 46; dopo un’intensa “attività rituale” realizzata dai due performer mediante l’utilizzo dei tamburi, la sezione termina con una lunga parte di “risposta del suono elettronico”. Tutta la sezione delineata trova giustificazione in una coerenza ed omogeneità di tecniche esecutive, le quali si intensificano fino al culmine di misura 38, prima della possibile risposta conclusiva appena descritta. Secondo questa interpretazione seguirebbe una fase di passaggio ed una seconda sezione che si estende fino a misura 114. In questa seconda sezione la presenza del dominio sonoro elettronico è maggiore, ed esiste una componente dialogica tra gli elementi presentati dai due performer, evidenti nell’esempio prima descritto, ma che sembrano essere presenti per tutta la durata della sezione. Dunque, nell’ottica del rituale, la prima sezione sembra comprendere due ruoli per lo più coincidenti dei due performer, mentre la seconda sezione prevede due ruoli, due attività distinte, che ci concretizzano nell’utilizzo di strumenti e tecniche esecutive diverse. 

La terza sezione è quella che si estende da misura 120 fino al termine del brano. È forse il tentativo concreto di dialogare con lo spirito di Lucy, ed è caratterizzata dall’utilizzo della cavità orale come mezzo filtrante del cono da 5” e dalla presenza della voce di Lucy nei tapes, come precedentemente descritto; entrambi gli esecutori utilizzano la medesima tecnica, e gli elementi presenti sono ricorrenti in tutte e due le parti. 

Dunque, per riassumere un’ipotetica interpretazione formale, la prima sezione è caratterizzata da una condivisione di tecniche e ruoli, e dall’alternanza tra due ambienti sonori diversi, che si relazionano uno all’altro per lo più presentatosi separatamente (ad eccezione del primo breve intervento del cono da 5”). La seconda sezione presenta elementi di dialogo tra i due esecutori, i quali non condividono più l’utilizzo contemporaneo della stessa tecnica strumentale, ma presentano elementi diversi. Il contesto sonoro di questa sezione presenta la compresenza di suono acustico ed elettronico. La terza ed ultima sezione è la parte finale, in cui entrambi gli esecutori ritornano a condividere la tecnica esecutiva, utilizzando la cavità orale come filtro per il cono da 5”. 

7. Conclusioni

How to conjure the spirit of Lucy in three steps, via telephone è un’opera la cui elaborazione presenta numerosi spunti di riflessione relativi a svariati temi alcuni dei quali sono stati esposti nei capitoli precedenti: la revisione del concetto di strumento come apparato complesso, dunque lo strumento visto come la somma dei mezzi e dei processi che vanno dalla produzione del suono fino alla sua diffusione; il ruolo dell’esecutore, la cui figura non può più coincidere soltanto con l’esperto del proprio strumento, ma a cui sono richieste conoscenze poco a poco sempre più estese, e un alto grado di adattabilità e capacità di apprendimento per ogni brano o contesto specifico con il quale sarà chiamato a confrontarsi; la tecnica strumentale, o più generalmente l’atto performativo, i cui contenuti e le cui modalità si adattano all’evoluzione del concetto di strumento e che dunque determinano il mutamento della figura del performer. Dal punto di vista dei contenuti e della forma, come abbiamo visto parte del materiale si esplica e si comprende all’interno dell’analisi delle tecniche esecutive. La forma, qua soltanto ipotizzata e la cui natura può senz’altro essere indagata in modo più approfondito, svela invece un forte rimando ai contenuti delle opere a cui il brano di Perini rimanda; tali contenuti sono inoltre ripresi, come abbiamo visto, all’interno di alcuni elementi del brano, come ad esempio l’inserimento della voce di Lucy nel tape, il rimando alle sonorità tipiche del telefono con quadrante rotativo, la cui gestualità è inoltre riproposta dai performerà, dando vita ad una triplice relazione tra i gesti esecutivi, il loro contenuto e il titolo stesso del brano.

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